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alle ore 21:15
Limone in concerto
Limone è un frutto, nato e maturato dopo un percorso artistico variegato, sempre contraddistinto da un costante e
sottile filo conduttore: la sensibilità dell’autore espressa in note.
Macro-tematiche in mini-squarci, dipinti con un personalissimo approccio ironico che, nel corso degli anni,
accompagna un percorso interno vissuto con profondità e, quasi un non-senso, leggerezza.
Questa è la recensione di Francesco per Sound & Vision del concerto che Limone ha tenuto lo scorso aprile al Samsara:
Limone live @Samsara, Bassano del Grappa, 8 aprile 2016
A un anno di distanza dalla presentazione ufficiale del suo secondo album, per l’appunto “Secondo Limone”, avvenuta nell’aprile dello scorso anno al Color Cafè, il cantautore bassanese Limone, al secolo Filippo Fantinato, torna a suonare dal vivo in città, e lo fa al Samsara, in un’atmosfera familiare che tanto è congeniale alla sua musica. Accompagnato sul palco dai fidi Paolo Pigato al basso e Andrea Gaspari, tecnico del suono e originale presenza scenica, Limone saluta il proprio pubblico con una simpatica intro e l’esecuzione di “Uomo con la chitarra” (“e con l’equilibrio in tasca la partenza pare danza”), prima di iniziare in maniera vera e propria il concerto con qualche canzone tratta dal primo lavoro in studio, “Spazio tempo e circostanze”, risalente al 2013. Abbiamo così il piacere di riascoltare “Lettera a un produttore”, “Assomigliavi a Marte”, “La festa di San Menaio” e “Aperitivo?” prima che il cantautore si concentri sui brani più recenti, quelli che compongono il “Secondo Limone”. Rispetto al già apprezzabile lavoro d’esordio, con il nuovo album Limone spicca un salto di qualità, a mio parere, sia a livello compositivo che di arrangiamenti.
Affiancato nella produzione da Leslie Lello, definirei Fantinato ispiratissimo in questo suo importante secondo disco (doverosa menzione, tra l’altro, per lo splendido progetto grafico di Andrea Gaspari); i testi sono ormai un marchio di fabbrica, un giusto mix di romanticismo e ironia, allegria e disincanto, poesia e originalità. Già, non si può dire che non sia originale, Filippo, anzi. A qualcuno, ho letto, fa venire in mente Tricarico. Il giochino del “somiglia a” non mi piace, e solitamente non è così semplice (né, a volte, gratificante per l’artista di cui si parla), ma se proprio dovessi esprimermi lo paragonerei al Max Gazzè degli esordi, che ho amato molto, quello allo stesso tempo profondo e scanzonato (perciò prendilo come complimento, eh, Filippo!). La quotidianità, declinata a vari livelli, è sicuramente la fonte di ispirazione principale per Limone, che attinge a piene mani dalla “vita vera”, sia quella vissuta che quella raccontata dai media. Il live entra nel vivo, dunque, con “Qui lo dito e qui lo lego” (“Hai visto attorno a me che aspettativa c’è?”), “Ho deciso di iniziare a leggere”, “La teoria dei piccoli passi” (“e guardando le scale ho capito che i piccoli passi ci portano in alto”), “Se l’amore”, la splendida “Capotasto”, in cui è il linguaggio musicale a far capire l’importanza delle cose vere della vita (l’amore, il lavoro…) e ripropone una questione fondamentale (“ma il dj suona o mette su dei dischi?”) e la dissacrante e autoironica “I cantautori moderni sono morti”.
Se è vero che nessuno è profeta in patria, e magari la qualità della proposta di Limone avesse meritato forse un locale stracolmo, è pur innegabile che il cantautore può ormai contare su un’ampia e affezionata schiera di ammiratori, che non hanno mancato, anche in questa occasione, di accompagnare l’esecuzione dei brani più amati con cori e balli. L’interludio con le visioni evocate da “Buongiorno domenica” anticipa il gran finale, con “Amanda Knox trova un nuovo coinquilino”, vera e propria canzone manifesto, la cover di “Non è per sempre” degli Afterhours (“il momento del concerto più amato da chi non capisce niente”) il gran finale con gli encore di “I cantautori moderni sono morti” e di “E se l’amore”, fra l’entusiasmo generale dei presenti. Tra una Guinness e l’altra si fa sempre più impellente l’urgenza di comunicare a tutti che in zona abbiamo un cantautore coi fiocchi. E anche se si rischia di dimenticare che viviamo in Italia, l’errore anche più grave, parafrasando “L’uomo con la chitarra”, sarebbe “ignorare la natura di quest’uomo”, o meglio la sua arte.
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