Ultimo saluto
Da queste poesie postume di Wislawa Szymborska che ci arrivano come un inatteso regalo, immagini colme di vita, di ironia e di lucidi pensieri. - Franco Bizzotto
Per i moltissimi, appassionati lettori di Wis?awa Szymborska, scomparsa nel febbraio 2012, questa raccolta postuma sarà come un emozionante commiato, in cui sentir vibrare per l'ultima volta le note inconfondibili della sua poesia: in Un tale che osservo da un po' di tempo l'anonimo protagonista è un netturbino che conduce una silenziosa battaglia contro l'entropia raccogliendo una gabbietta abbandonata fra i cespugli e portandola via con sé, «perché resti vuota»; in Coercizione la Szymborska incrina le certezze dei vegetariani evocando le sofferenze di una foglia di insalata: «Anche l’uomo più buono / addenta e digerisce qualcosa di ammazzato / perché il suo cuore tenero / non cessi di pompare». Altrove ecco affiorare un quadro metafisico in cui gli oggetti continuano a compiere imperturbabili il proprio dovere, anche quando intorno a loro tutto è morte e desolazione: così uno specchio, in una casa distrutta da un bombardamento, «Non rifletteva più nessuna faccia», eppure «funzionava in modo inappuntabile, / con professionale assenza di stupore». Ma c'è anche una lirica d'amore, lievissima come l'abbraccio all'aeroporto di due amanti che si rivedono dopo una lunga assenza, intabarrati in abiti invernali, sciarpe, cappelli, guanti e stivali, «ma solo ai nostri occhi. / Ai loro – sono nudi». Infine, in A una mia poesia, la Szymborska ci lascia con l'immagine ironica di una poesia che scompare nel nulla, senza essere mai stata messa per iscritto, borbottando soddisfatta qualcosa tra sé e sé.
Da queste poesie postume di Wislawa Szymborska che ci arrivano come un inatteso regalo, immagini colme di vita, di ironia e di lucidi pensieri. - Franco Bizzotto
Per i moltissimi, appassionati lettori di Wis?awa Szymborska, scomparsa nel febbraio 2012, questa raccolta postuma sarà come un emozionante commiato, in cui sentir vibrare per l'ultima volta le note inconfondibili della sua poesia: in Un tale che osservo da un po' di tempo l'anonimo protagonista è un netturbino che conduce una silenziosa battaglia contro l'entropia raccogliendo una gabbietta abbandonata fra i cespugli e portandola via con sé, «perché resti vuota»; in Coercizione la Szymborska incrina le certezze dei vegetariani evocando le sofferenze di una foglia di insalata: «Anche l’uomo più buono / addenta e digerisce qualcosa di ammazzato / perché il suo cuore tenero / non cessi di pompare». Altrove ecco affiorare un quadro metafisico in cui gli oggetti continuano a compiere imperturbabili il proprio dovere, anche quando intorno a loro tutto è morte e desolazione: così uno specchio, in una casa distrutta da un bombardamento, «Non rifletteva più nessuna faccia», eppure «funzionava in modo inappuntabile, / con professionale assenza di stupore». Ma c'è anche una lirica d'amore, lievissima come l'abbraccio all'aeroporto di due amanti che si rivedono dopo una lunga assenza, intabarrati in abiti invernali, sciarpe, cappelli, guanti e stivali, «ma solo ai nostri occhi. / Ai loro – sono nudi». Infine, in A una mia poesia, la Szymborska ci lascia con l'immagine ironica di una poesia che scompare nel nulla, senza essere mai stata messa per iscritto, borbottando soddisfatta qualcosa tra sé e sé.