Le stagioni di Eddy Merckx, dall’esordio del ’65 al congedo del ’78, non sono – non soltanto – le classiche e i grandi Tour, i Giri e i Mondiali, Napoli e le Tre Cime di Lavaredo, Sanremo sette volte, cinque volte Liegi, le salite e le discese e le volate, il pianto di Savona e i record dell’ora.
Sono anche le stagioni in cui vivono i protagonisti di un tempo magico per il ciclismo: Adorni, Gimondi, Zilioli. Sono la voce magica di Sergio Zavoli e la parola squisita di Bruno Raschi. Ma anche quell’immagine vivida – e non è soltanto la memoria che ci inganna con il suo tepore – di quei gregari, per noi mai ragazzi ma sempre adulti, della Faema, o della Molteni, che scandivano il passo, legionari e non mercenari fiamminghi, a un condottiero belga che sapeva di Annibale alla conquista dell’Italia. Chiedimi chi era Merckx, sulla filigrana dettata dagli anni e dalle imprese, è l’originale controcanto sentimentale, scandito in parallelo alla passione per uno sport che era fantasia e alla devozione per un campione che resta supremo, dettato da uno scrittore da sempre fedele allo swing delle bici come alle più intime cadenze del cuore.
Sono anche le stagioni in cui vivono i protagonisti di un tempo magico per il ciclismo: Adorni, Gimondi, Zilioli. Sono la voce magica di Sergio Zavoli e la parola squisita di Bruno Raschi. Ma anche quell’immagine vivida – e non è soltanto la memoria che ci inganna con il suo tepore – di quei gregari, per noi mai ragazzi ma sempre adulti, della Faema, o della Molteni, che scandivano il passo, legionari e non mercenari fiamminghi, a un condottiero belga che sapeva di Annibale alla conquista dell’Italia. Chiedimi chi era Merckx, sulla filigrana dettata dagli anni e dalle imprese, è l’originale controcanto sentimentale, scandito in parallelo alla passione per uno sport che era fantasia e alla devozione per un campione che resta supremo, dettato da uno scrittore da sempre fedele allo swing delle bici come alle più intime cadenze del cuore.