Le drammatiche vicende dei tre protagonisti, un giudice spagnolo, un soldato serbo e un casco blu olandese, si intrecciano con una delle pagine della Storia europea contemporanea più dolorose e tragiche: il massacro di Srebrenica, dove l’unico modo per restare innocenti era morire. Vittorio Campana
In questo romanzo incalzante e agghiacciante, Magini tiene vivo il ricordo del più grande crimine compiuto in Europa dai tempi della seconda guerra mondiale: la strage di Srebrenica. Tre voci che fanno riflettere sulla barbarie interetnica, sull’incapacità di giudizio e sui turbamenti psichici di coloro che volontariamente o meno ne sono stati i protagonisti. Giampietro Antoniolo
Marco Magini era un ragazzino durante i terribili fatti della ex Jugoslavia, li conosceva solo dai telegiornali. Ma quando da studente si imbatte nella storia di Dražen quella vicenda diventa un’ossessione. Quella storia raccontava di un ventenne costretto a combattere una guerra voluta da un’altra generazione e messo davanti a decisioni che nella loro eccezionalità mostrano a nudo l’animo umano come in un antico dramma greco. Qui risiede la forza di questo romanzo che narra la strage di Srebrenica e insieme quella di molte coscienze costrette a rinunciare a un cammino di giustizia. Così la scelta di uno dei più drammatici momenti della storia europea recente, insieme al modo emotivamente coinvolgente di raccontarlo, fanno di questo testo un testo speciale. La rievocazione del massacro e del successivo processo presso il Tribunale penale internazionale per la ex Jugoslavia è affidata a tre voci che si alternano in una partitura ben scandita. La voce del magistrato spagnolo Romeo González che rievoca lo svolgersi del processo, evidenziando le motivazioni non sempre etiche e limpide che determinano?una sentenza. Nell’eterno dibattersi tra ubbidire a leggi fratricide o ribellarsi appellandosi ai diritti inviolabili dell’uomo, viene fuori solo un’immagine povera e burocratica dell’esercizio della legge. Al giudice González si affiancano le voci di Dirk, casco blu olandese di stanza a Srebrenica, rappresentante del contingente Onu colpevole di non avere impedito la strage, e quella del soldato serbo-croato Dražen Erdemovi?, vero protagonista della storia, volontario nell’esercito serbo, che fu l’unico a confessare di avere partecipato al massacro, l’unico processato e condannato. Per innamorarsi ancora del futuro le nuove generazioni dovranno fare i conti con il passato scomodo di anni a noi vicini.
Marco Magini è nato ad Arezzo nel 1985. Si è laureato in Politica Economica Internazionale alla London School of Economics.
Per motivi di studio e di lavoro ha vissuto in Canada, Stati Uniti, Belgio, Turchia e India.
Oggi vive e lavora a Zurigo dove si occupa di cambiamento climatico ed economia sostenibile. Con questo romanzo è stato finalista al Premio Calvino 2013.
In questo romanzo incalzante e agghiacciante, Magini tiene vivo il ricordo del più grande crimine compiuto in Europa dai tempi della seconda guerra mondiale: la strage di Srebrenica. Tre voci che fanno riflettere sulla barbarie interetnica, sull’incapacità di giudizio e sui turbamenti psichici di coloro che volontariamente o meno ne sono stati i protagonisti. Giampietro Antoniolo
Marco Magini era un ragazzino durante i terribili fatti della ex Jugoslavia, li conosceva solo dai telegiornali. Ma quando da studente si imbatte nella storia di Dražen quella vicenda diventa un’ossessione. Quella storia raccontava di un ventenne costretto a combattere una guerra voluta da un’altra generazione e messo davanti a decisioni che nella loro eccezionalità mostrano a nudo l’animo umano come in un antico dramma greco. Qui risiede la forza di questo romanzo che narra la strage di Srebrenica e insieme quella di molte coscienze costrette a rinunciare a un cammino di giustizia. Così la scelta di uno dei più drammatici momenti della storia europea recente, insieme al modo emotivamente coinvolgente di raccontarlo, fanno di questo testo un testo speciale. La rievocazione del massacro e del successivo processo presso il Tribunale penale internazionale per la ex Jugoslavia è affidata a tre voci che si alternano in una partitura ben scandita. La voce del magistrato spagnolo Romeo González che rievoca lo svolgersi del processo, evidenziando le motivazioni non sempre etiche e limpide che determinano?una sentenza. Nell’eterno dibattersi tra ubbidire a leggi fratricide o ribellarsi appellandosi ai diritti inviolabili dell’uomo, viene fuori solo un’immagine povera e burocratica dell’esercizio della legge. Al giudice González si affiancano le voci di Dirk, casco blu olandese di stanza a Srebrenica, rappresentante del contingente Onu colpevole di non avere impedito la strage, e quella del soldato serbo-croato Dražen Erdemovi?, vero protagonista della storia, volontario nell’esercito serbo, che fu l’unico a confessare di avere partecipato al massacro, l’unico processato e condannato. Per innamorarsi ancora del futuro le nuove generazioni dovranno fare i conti con il passato scomodo di anni a noi vicini.
Marco Magini è nato ad Arezzo nel 1985. Si è laureato in Politica Economica Internazionale alla London School of Economics.
Per motivi di studio e di lavoro ha vissuto in Canada, Stati Uniti, Belgio, Turchia e India.
Oggi vive e lavora a Zurigo dove si occupa di cambiamento climatico ed economia sostenibile. Con questo romanzo è stato finalista al Premio Calvino 2013.