Un mattino, Gregor Samsa, commesso viaggiatore, si sveglia da sogni inquieti e si ritrova trasformato in un immane insetto; anni dopo, Anders, personal trainer in un’anonima palestra di una città indefinita, si sveglia e scopre di essere diventato di un innegabile marrone scuro. L’incredulità presto cede il passo alla furia omicida: Anders si sente vittima di un crimine, «un crimine che gli aveva portato via ogni cosa, che gli aveva portato via se stesso», si scaglia contro la propria immagine allo specchio, si rimette a letto sperando che quell’uomo scuro se ne vada, chiama al lavoro per dire che è malato, molto malato, piú di quanto immaginasse, si aggira per la città e scopre che «le persone che lo conoscevano non lo conoscevano piú», e infine telefona a Oona. Oona, giovane insegnante di yoga, sta provando a prendersi cura di sua madre – e di se stessa – dopo la morte del fratello gemello; fra lei e Anders si è da poco riaccesa un’attrazione nata fra i banchi di scuola, ma quando Oona passa da lui dopo il lavoro, rimane di stucco di fronte all’uomo che le apre la porta, e sulle prime fatica a riconoscerlo. Ciò che Oona e Anders ancora non sanno è che la trasformazione sta prendendo piede ovunque: tutte le persone bianche stanno diventando scure, e la tensione sociale continuerà a crescere, sfociando in risse, sparatorie, suicidi e sommosse, finché «l’ultimo uomo bianco» verrà sepolto e la bianchezza non sarà che un ricordo. Hamid, in un vortice di frasi che, come i personaggi che le abitano, sembrano sorrette da un disperato bisogno di stabilità identitaria, confeziona un romanzo di commovente lucidità sulla perdita del privilegio, un’opera in cui frustrazione e violenza si trasformano nella promessa di futuro: «a volte sembrava che la città fosse una città in lutto, e il Paese un Paese in lutto, e questo si addiceva a Anders, e si addiceva a Oona, dato che collimava con i loro sentimenti, ma altre volte sembrava il contrario, che stesse nascendo qualcosa di nuovo, e abbastanza stranamente anche questo si addiceva loro».
Mohsin Hamid, nato in Pakistan, è vissuto a lungo tra Inghilterra e Stati Uniti prima di fare ritorno a Lahore. Autore di numerosi saggi e articoli comparsi su «Time», «The New York Times» e «The Guardian» e parzialmente raccolti in Le civiltà del disagio (Einaudi 2016), è stato due volte finalista al Booker Prize con Il fondamentalista riluttante (Einaudi 2007) e Exit West (Einaudi 2017). Il suo primo romanzo, ripubblicato da Einaudi nel 2018 con il titolo Il fumo della falena, gli è valso il Betty Trask Award, mentre Come diventare ricchi sfondati nell'Asia emergente (Einaudi 2013) è stato insignito del Premio Terzani. Sempre per Einaudi, nel 2023, ha pubblicato L'ultimo uomo bianco. Da Il fondamentalista riluttante, bestseller internazionale tradotto in piú di venticinque lingue, è stato tratto un film per la regia di Mira Nair.
Mohsin Hamid, nato in Pakistan, è vissuto a lungo tra Inghilterra e Stati Uniti prima di fare ritorno a Lahore. Autore di numerosi saggi e articoli comparsi su «Time», «The New York Times» e «The Guardian» e parzialmente raccolti in Le civiltà del disagio (Einaudi 2016), è stato due volte finalista al Booker Prize con Il fondamentalista riluttante (Einaudi 2007) e Exit West (Einaudi 2017). Il suo primo romanzo, ripubblicato da Einaudi nel 2018 con il titolo Il fumo della falena, gli è valso il Betty Trask Award, mentre Come diventare ricchi sfondati nell'Asia emergente (Einaudi 2013) è stato insignito del Premio Terzani. Sempre per Einaudi, nel 2023, ha pubblicato L'ultimo uomo bianco. Da Il fondamentalista riluttante, bestseller internazionale tradotto in piú di venticinque lingue, è stato tratto un film per la regia di Mira Nair.