La casa del mago è tante cose insieme. E' la casa di un guaritore di anime, un patrimonio di ricordi, di dettagli e di storie dense di atmosfera. Un libro perfetto da regalare e mettere sotto l'albero. Anna Bertoncello
Nel memorabile incipit di questo libro, la madre di Emanuele Trevi, allora bambino, riferendosi al padre gli ripete spesso un'istruzione enigmatica: «Lo sai com’è fatto». Per non perderlo (ad esempio, fra le calli di Venezia, in una passeggiata dell'infanzia) occorre comprendere e accettare la legge della sua distrazione, della sua distanza. Il padre, Mario Trevi, celebre e riservatissimo psicoanalista junghiano, per Emanuele è il mago, un guaritore di anime. Alla sua morte lascia un appartamento-studio che nessuno vuole acquistare, un antro ancora abitato da Psiche, dai vapori invisibili delle vite storte che per decenni ha lenito, raddrizzato. Così il figlio decide di farne casa propria, di trasferirsi nella sua atmosfera inquieta e feconda, e così facendo prova a sciogliere (o ad approfondire?) l'enigma del padre. Muovendosi nel suo sempre mutevole territorio, fra autobiografia, riflessione sul senso dei rapporti e dell'esistenza, storia culturale del Novecento (ne La casa del mago – accanto a straordinari personaggi contemporanei, tra cui spicca Paradisa, una prostituta peruviana – figurano Carl Gustav Jung, Natalia Ginzburg, Giorgio Manganelli, Ernst Bernhard...), Emanuele Trevi ci offre il suo romanzo più personale, più commovente, più ironico (e perfino umoristico): una discesa negli inferi e nella psicosi, una scala che avvicina i vivi e i morti, i savi e i pazzi. Perché ogni vita nasconde una luce, se la si sa stanare; e i gesti e le parole più semplici rimandano alla trama più sottile dell'essere, se li si ascoltare, se si sa lasciarli accadere.
Emanuele Trevi (Roma, 1964), tra i più apprezzati scrittori e critici della sua generazione, collabora con il «Corriere della Sera». Ponte alle Grazie ha pubblicato i tre romanzi Qualcosa di scritto (2012, finalista Strega, vincitore del Premio Europeo per la Letteratura, tradotto in diciotto lingue), Sogni e favole (2019, Premio Viareggio) e Il figlio del mago (2023), e una nuova edizione del saggio Musica distante (2012). Tra i suoi altri libri ricordiamo Istruzioni per l'uso del lupo (Castelvecchi, 1994), I cani del nulla (Einaudi, 2003), Senza verso (Laterza, 2004), Il libro della gioia perpetua (Rizzoli, 2010), Il popolo di legno (Einaudi, 2015). Con Due vite (Neri Pozza, 2020) ha vinto il Premio Strega 2021.
Nel memorabile incipit di questo libro, la madre di Emanuele Trevi, allora bambino, riferendosi al padre gli ripete spesso un'istruzione enigmatica: «Lo sai com’è fatto». Per non perderlo (ad esempio, fra le calli di Venezia, in una passeggiata dell'infanzia) occorre comprendere e accettare la legge della sua distrazione, della sua distanza. Il padre, Mario Trevi, celebre e riservatissimo psicoanalista junghiano, per Emanuele è il mago, un guaritore di anime. Alla sua morte lascia un appartamento-studio che nessuno vuole acquistare, un antro ancora abitato da Psiche, dai vapori invisibili delle vite storte che per decenni ha lenito, raddrizzato. Così il figlio decide di farne casa propria, di trasferirsi nella sua atmosfera inquieta e feconda, e così facendo prova a sciogliere (o ad approfondire?) l'enigma del padre. Muovendosi nel suo sempre mutevole territorio, fra autobiografia, riflessione sul senso dei rapporti e dell'esistenza, storia culturale del Novecento (ne La casa del mago – accanto a straordinari personaggi contemporanei, tra cui spicca Paradisa, una prostituta peruviana – figurano Carl Gustav Jung, Natalia Ginzburg, Giorgio Manganelli, Ernst Bernhard...), Emanuele Trevi ci offre il suo romanzo più personale, più commovente, più ironico (e perfino umoristico): una discesa negli inferi e nella psicosi, una scala che avvicina i vivi e i morti, i savi e i pazzi. Perché ogni vita nasconde una luce, se la si sa stanare; e i gesti e le parole più semplici rimandano alla trama più sottile dell'essere, se li si ascoltare, se si sa lasciarli accadere.
Emanuele Trevi (Roma, 1964), tra i più apprezzati scrittori e critici della sua generazione, collabora con il «Corriere della Sera». Ponte alle Grazie ha pubblicato i tre romanzi Qualcosa di scritto (2012, finalista Strega, vincitore del Premio Europeo per la Letteratura, tradotto in diciotto lingue), Sogni e favole (2019, Premio Viareggio) e Il figlio del mago (2023), e una nuova edizione del saggio Musica distante (2012). Tra i suoi altri libri ricordiamo Istruzioni per l'uso del lupo (Castelvecchi, 1994), I cani del nulla (Einaudi, 2003), Senza verso (Laterza, 2004), Il libro della gioia perpetua (Rizzoli, 2010), Il popolo di legno (Einaudi, 2015). Con Due vite (Neri Pozza, 2020) ha vinto il Premio Strega 2021.