Ho letto questo potente romanzo russo grazie alla preziosa segnalazione di un lettore, il sig. Agostino. Che immersione nella grande Letteratura! Intrighi internazionali e trattati di pace, la poesia e la narrativa dell’800 (Puskin fra tutti), la politica zarista e i sogni del protagonista: tanti sono i temi di questa storia. Il vero valore però è dato da una scrittura di pura qualità. Vittorio Campana
Vazir Muchtar è il titolo ufficiale persiano di Alexsandr Griboedov, ministro russo in Persia, già autore di una commedia famosa e discussa, Che disgrazia l’ingegno!, nonché figura interessante quanto enigmatica del panorama letterario moscovita. Nel 1828, prestato alla politica nonostante lo si sospetti di “sentimenti e amicizie liberali”, Griboedov torna in patria da Teheran con in tasca il Trattato di Turkmanchay, primo, ipotetico passo di un protettorato russo su quelle regioni. In quel momento la sua fama di diplomatico è all’apice, ma “l’acre odore di fatalità” aleggia intorno a lui e lo spinge di nuovo verso Teheran, dove il suo destino si compirà sanguinosamente. La morte del Vazir-Muchtar è dunque la storia di quest’uomo, dei suoi amori, delle sue indifferenze, delle sue audacie, delle sue avventure, ma è anche una fantastica sfilata di esseri umani, l’alta società pietroburghese e quella letteraria, i militari e i funzionari, i commercianti e gli spioni e, una volta passato il confine, gli eunuchi e i disertori, la corte dello Scià e i principi pronti a sgozzarsi l’un l’altro…
Jurij Tynjanov (1894-1944). Esponente, con Jakobson e Slowskij, del Formalismo russo, esordì nella narrativa nel 1925 con il romanzo biografico Kjuchlja, incentrato sulla figura di W. Kjuchel´beker, idealista e stravagante decabrista. Suo è anche Il giovane Pushkin, da cui Eisenstein avrebbe voluto trarre un film, e a cui Tynjanov lavorò per tutti gli anni trenta e fino alla morte. Insieme con La morte del Vazir-Muchtar questi romanzi compongono un’ideale trilogia in cui l’Ottocento zarista di Nicola I illumina di nuovi colori le illusioni e le tragedie del bolscevismo.
Vazir Muchtar è il titolo ufficiale persiano di Alexsandr Griboedov, ministro russo in Persia, già autore di una commedia famosa e discussa, Che disgrazia l’ingegno!, nonché figura interessante quanto enigmatica del panorama letterario moscovita. Nel 1828, prestato alla politica nonostante lo si sospetti di “sentimenti e amicizie liberali”, Griboedov torna in patria da Teheran con in tasca il Trattato di Turkmanchay, primo, ipotetico passo di un protettorato russo su quelle regioni. In quel momento la sua fama di diplomatico è all’apice, ma “l’acre odore di fatalità” aleggia intorno a lui e lo spinge di nuovo verso Teheran, dove il suo destino si compirà sanguinosamente. La morte del Vazir-Muchtar è dunque la storia di quest’uomo, dei suoi amori, delle sue indifferenze, delle sue audacie, delle sue avventure, ma è anche una fantastica sfilata di esseri umani, l’alta società pietroburghese e quella letteraria, i militari e i funzionari, i commercianti e gli spioni e, una volta passato il confine, gli eunuchi e i disertori, la corte dello Scià e i principi pronti a sgozzarsi l’un l’altro…
Jurij Tynjanov (1894-1944). Esponente, con Jakobson e Slowskij, del Formalismo russo, esordì nella narrativa nel 1925 con il romanzo biografico Kjuchlja, incentrato sulla figura di W. Kjuchel´beker, idealista e stravagante decabrista. Suo è anche Il giovane Pushkin, da cui Eisenstein avrebbe voluto trarre un film, e a cui Tynjanov lavorò per tutti gli anni trenta e fino alla morte. Insieme con La morte del Vazir-Muchtar questi romanzi compongono un’ideale trilogia in cui l’Ottocento zarista di Nicola I illumina di nuovi colori le illusioni e le tragedie del bolscevismo.