Spero che ognuno di voi abbia avuto un insegnante del cuore, un maestro o un professore che abbia lasciato da parte i programmi per almeno un’ora e abbia raccontato invece di spiegare, parlato con voi al posto di seguire lo schema di un libro di testo. Se non è così lasciate che questi capitoli vi guidino nel cuore di queste “giornate di follia” dove ogni divagazione sul tema è concessa e dalle quali è bandita solo la banalità e l’ovvietà.
Roberto Vecchioni porta i suoi studenti-pittori in osteria, al cimitero, al parco e fa di ogni luogo un’aula in cui dibattere di greco antico e miti, di Vangeli, di Alda Merini e dell’origine delle parole, di De Andrè e di battaglie in bianco e nero.
Per ricordarci, oggi più che mai, che la cultura è viva, si muove e quando esce dalle aule, con grandi voli, può atterrare in luoghi magnifici e inaspettati. Eleonora Lago
Ci si dava appuntamento in un parco, ci si metteva sparsi, chi in piedi, chi sdraiato e chi in braccio a qualcun altro, dopodiché s’iniziava. «Questo era il gioco, questa la sfida delle giornate di follia: aggirare l’ovvio, non ripetere il risaputo, bucare il tempo, aprire strade, sondare il possibile, il parallelo, l’alternativo. Poteva durare anche a lungo questo aggrovigliarsi di nuvole e mondi, ma si atterrava, prima o poi si atterrava sempre». La scuola di Roberto Vecchioni prima di tutto è un luogo in cui s’insegna senza impartire lezioni. I ragazzi hanno coraggio, desideri, paure, e una sete dentro che non si spegne mai. Sono irrequieti, protervi, insicuri: in una parola veri. Si chiamano come i piú celebri pittori della storia, ma sono solo esseri umani in cerca di se stessi. E il professore, quel Roberto Vecchioni che insegnava negli anni Ottanta in uno storico liceo milanese, è colto, originale, ma soprattutto appassionato, sempre disposto a quell’incantesimo che balena diverso ogni giorno. Che parli della morte di Socrate, del viaggio di Ulisse o di un verso di una poetessa contemporanea, i suoi occhi brillano e la voce va su e giú come un canto. Dietro, c’è il sentimento di chi è cresciuto tra le parole e sa che, con quelle stesse parole, i suoi ragazzi affronteranno la vita. Se è vero che solo quel che si vede con la coda dell’occhio può toccarci nel profondo, come scriveva E. M. Forster, Roberto Vecchioni con queste Lezioni di volo e di atterraggio ci offre esattamente quel che si vede con la coda dell’occhio: un’altra, potentissima, forma di verità.
Roberto Vecchioni è uno dei padri storici della canzone d'autore in Italia. È stato professore di greco e latino per molti anni, attualmente insegna Forme di poesia in musica all'Università di Pavia. Per Einaudi ha pubblicato Viaggi del tempo immobile (1996), Le parole non le portano le cicogne (2000), Parole e canzoni (2002), Il libraio di Selinunte (2004 e, con una nuova prefazione in forma di racconto, 2007), Diario di un gatto con gli stivali (2006), Scacco a Dio (2009 e 2011), Il mercante di luce (2014), La vita che si ama. Storie di felicità (2016) e Lezioni di volo e di atterraggio (2020). Per Frassinelli è uscito il libro di poesie Di sogni e d'amore (2007). Nel 2011 ha vinto il Festival di Sanremo con la canzone «Chiamami ancora amore».
Roberto Vecchioni porta i suoi studenti-pittori in osteria, al cimitero, al parco e fa di ogni luogo un’aula in cui dibattere di greco antico e miti, di Vangeli, di Alda Merini e dell’origine delle parole, di De Andrè e di battaglie in bianco e nero.
Per ricordarci, oggi più che mai, che la cultura è viva, si muove e quando esce dalle aule, con grandi voli, può atterrare in luoghi magnifici e inaspettati. Eleonora Lago
Ci si dava appuntamento in un parco, ci si metteva sparsi, chi in piedi, chi sdraiato e chi in braccio a qualcun altro, dopodiché s’iniziava. «Questo era il gioco, questa la sfida delle giornate di follia: aggirare l’ovvio, non ripetere il risaputo, bucare il tempo, aprire strade, sondare il possibile, il parallelo, l’alternativo. Poteva durare anche a lungo questo aggrovigliarsi di nuvole e mondi, ma si atterrava, prima o poi si atterrava sempre». La scuola di Roberto Vecchioni prima di tutto è un luogo in cui s’insegna senza impartire lezioni. I ragazzi hanno coraggio, desideri, paure, e una sete dentro che non si spegne mai. Sono irrequieti, protervi, insicuri: in una parola veri. Si chiamano come i piú celebri pittori della storia, ma sono solo esseri umani in cerca di se stessi. E il professore, quel Roberto Vecchioni che insegnava negli anni Ottanta in uno storico liceo milanese, è colto, originale, ma soprattutto appassionato, sempre disposto a quell’incantesimo che balena diverso ogni giorno. Che parli della morte di Socrate, del viaggio di Ulisse o di un verso di una poetessa contemporanea, i suoi occhi brillano e la voce va su e giú come un canto. Dietro, c’è il sentimento di chi è cresciuto tra le parole e sa che, con quelle stesse parole, i suoi ragazzi affronteranno la vita. Se è vero che solo quel che si vede con la coda dell’occhio può toccarci nel profondo, come scriveva E. M. Forster, Roberto Vecchioni con queste Lezioni di volo e di atterraggio ci offre esattamente quel che si vede con la coda dell’occhio: un’altra, potentissima, forma di verità.
Roberto Vecchioni è uno dei padri storici della canzone d'autore in Italia. È stato professore di greco e latino per molti anni, attualmente insegna Forme di poesia in musica all'Università di Pavia. Per Einaudi ha pubblicato Viaggi del tempo immobile (1996), Le parole non le portano le cicogne (2000), Parole e canzoni (2002), Il libraio di Selinunte (2004 e, con una nuova prefazione in forma di racconto, 2007), Diario di un gatto con gli stivali (2006), Scacco a Dio (2009 e 2011), Il mercante di luce (2014), La vita che si ama. Storie di felicità (2016) e Lezioni di volo e di atterraggio (2020). Per Frassinelli è uscito il libro di poesie Di sogni e d'amore (2007). Nel 2011 ha vinto il Festival di Sanremo con la canzone «Chiamami ancora amore».
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