Ubi Sapientia est, Pax et Iustitia regnant

Lungo la via incantata
Autore: William Blacker
Editore: Adelphi
Argomento: Narrativa di viaggio
Prezzo: € 23,00
Nomen omen
Il nome che abbiamo dato a questa mini recensione si riferisce all’incanto che c’è nel titolo di questo libro ma anche all’incanto del medesimo. Tradotto benissimo – e non è cosa di tutti i giorni- è ricco di quella umanità e saggezza non ostentate che richiamano Tolstoj.
Arturo Moro

Un romanzo straordinario dentro a una Romania raccontata da un inglese, una sorta di epopea zingara con una musicalità dolce e a volte scatenata, alla quale ci si abbandona totatlmente, entrando, respirando l'odore dei popoli in movimento e delle loro storie. Leggetelo! Teresa Santini

Non è strano che Patrick Leigh Fermor dicesse di tenere questo libro «vicinissimo al cuore». All'inizio degli anni Trenta Leigh Fermor aveva infatti attraversato, diretto a Costantinopoli, la Transilvania, ricavandone la materia forse più calda per il suo grande libro di viaggi, Tra i boschi e l'acqua. Per William Blacker, tuttavia, quella stessa regione dell'attuale Romania sembra essere non la meta di un viaggio, quanto piuttosto uno stato della mente, o degli occhi. Blacker la visita quasi per caso poco dopo la caduta del Muro e, incantato da tutto ciò che vede, decide di stabilirsi nel suo distretto più remoto, il Maramure?, adeguandosi a uno stile di vita immutato da secoli. Ma il demone del­l'irrequietezza lo attrae presto più a sud, dove le montagne digradano nelle colline della Terra dei Sassoni. Qui Blacker trova un mondo completamente diverso, e assai più movimentato. I lindi e inappuntabili sassoni sono in gran parte emigrati in Germania, e nelle loro case si è insediato il popolo degli zingari, la cui capacità di inventare storie, per poi impersonarle, colpisce almeno quanto l'in­capacità di districarsene. Da qui in poi – da quando cioè nella vita di Blacker entrano Natalia e Marishka, due sorelle diversissime, e ugualmente indimenticabili – quella che era cominciata come una serena elegia su un'Europa scomparsa si trasforma in una rapsodia zigana: a volte languida, a volte scatenata, ma alla quale in ogni caso è impossibile non abbandonarsi. Il risultato è un libro che viene istintivo defi­nire «straordinario, diverso da ogni altro, una storia a sé». Come cioè Tom Maschler anni fa definì il manoscritto di un altro erede diretto di Leigh Fermor, uno sconosciuto ragazzo inglese che alla fine di un lungo viaggio aveva deciso di reinventarsi una terra quasi inesplorata: la Patagonia.
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