Accorata ricostruzione di un difficile rapporto con un padre non solo genericamente fascista, ma proprio giovanissimo volontario della Repubblica di Salò. Con il giovane Pierluigi che, freudianamente, si pone in politica dalla parte opposta “con l’unico dubbio di quale gruppuscolo di sinistra privilegiare”. Un pezzo doloroso della storia nazionale vissuto sulla propria pelle e benissimo raccontato. Arturo Moro
«Quando, dopo la sua morte, ho letto il diario che aveva custodito nel segreto per tutta la vita, mi è parso di avere una percezione più chiara del tormento che ha dilaniato per decenni mio padre fascista, prigioniero a Coltano dopo aver combattuto, ventenne o poco più, dalla parte dei "ragazzi di Salò". «Ho capito che cosa abbia rappresentato per lui il dolore di essere stato internato in quel campo per i vinti della Rsi vicino alla "gabbia del gorilla" in cui era rinchiuso Ezra Pound. Ho capito quanto abbia sanguinato il suo cuore di sconfitto, di "esule in Patria" nell'Italia in cui era un borghese integrato, maniacalmente attaccato alla civiltà delle buone maniere, ma covando il sentimento di un'apocalisse interiore da cui non si sarebbe mai affrancato. Ho capito quanto sia stata aspra e dolorosa la mia rottura con lui e quanto mi pesi, ancora oggi, il fardello di una riconciliazione mancata. «Allora ho pensato che fosse giunto il momento di raccontare, con i miei occhi e il mio modo di sentire le cose della vita, chi fosse mio padre fascista e cosa pensasse nell'Italia che non credeva più nei miti in cui lui era cresciuto. Che rapporto ricco e difficile avesse instaurato con i suoi figli. Che cosa abbia significato per me essere figlio di un fascista, e vergognarsi di avere provato vergogna per i padri che abbiamo tradito andandocene da un'altra parte, e che invece hanno vissuto con dignità, coraggio e coerenza la loro solitudine. «Per scoprire, alla fine, che gli esseri umani non sono monoliti, figure unidimensionali sulle quali incollare un'etichetta semplificatrice, ma persone vitali e vitalmente piene di contraddizioni. E per capire che i concetti più cari a noi italiani, la "parte giusta" e la "parte sbagliata", sono molto più friabili e complicati di quanto ci piacerebbe immaginare.» Pierluigi Battista riapre le ferite di un rapporto irriso lto con il padre fascista, e gli concede idealmente l'onore delle armi. Così, riannoda i fili spezzati di una tormentata vicenda familiare e trova un modo adulto di confrontarsi, in un libro indimenticabile, con un pezzo non meno tormentato della nostra storia.
Pierluigi Battista (Roma, 1955) è inviato e editorialista del «Corriere della Sera», di cui è stato vicedirettore dal 2004 al 2009. Ha lavorato come inviato alla «Stampa» e come condirettore a «Panorama». Per La7 ha condotto il programma «Altra Storia» (2003-2007). Fra i suoi libri ricordiamo: La fine dell'innocenza. Utopia, totalitarismo e comunismo (Padova 2000), Cancellare le tracce. Il caso Grass e il silenzio degli intellettuali italiani dopo il fascismo (Milano 2007), La fine del giorno. Un diario (Milano 2013) e I libri sono pericolosi, perciò li bruciano (Milano 2014).