Io lo condannerei all’ergastolo. Io lo assolverei. Ma se è colpevole! Macchè, è innocente! Hai sentito come hanno ammazzato quel poveretto? Certo, ma lui non era nemmeno là! Fa parte di una banda di afroamericani. Non è vero, anzi sta scrivendo una sceneggiatura. Steve Harmon è un Mostro? O no? Giudicatelo voi… Vittorio Campana
Steve Harmon è in prigione, accusato di aver fatto il palo durante una rapina finita nel sangue: rischia una condanna a vita. Steve è smarrito, pieno di paura per farsi coraggio ricorre alla sua grande passione, il cinema. Decide di raccontare il suo processo come se fosse un film. E noi veniamo catapultati lì, in prima fila: assistiamo a interrogatori e testimonianze, ricostruiamo da varie angolazioni la vita di Steve, che segue un corso di cinema, vive a Harlem, frequenta i bulli del suo quartiere. È colpevole o innocente? È davvero un mostro, come lo definisce la pubblica accusa? O è soltanto un ragazzo nero, e in quanto tale colpevole designato, sospetto per definizione? Fino all'ultimo non lo sapremo: faremo i conti, invece, con i nostri pregiudizi, le nostre ambivalenze, che oscillano di scena in scena. Come il suo avvocato difensore, come i suoi stessi genitori, non sappiamo se fidarci completamente di Steve.
Walter Dean Myers (1937–2014) è nato in West Virginia e poi cresciuto a Harlem in una famiglia adottiva.
Considerato un ragazzo difficile, era impacciato a scuola, formidabile sui campi da basket; leggeva moltissimo e si rendeva sempre più conto che la letteratura tagliava quasi completamente fuori storie come la sua, o di milioni di ragazzi come lui.
Sonny’s Blues di James Baldwin è stato il libro che gli ha cambiato la vita: da quel momento Myers si è dato l’obbiettivo di “rendere visibili gli invisibili”, a beneficio di tutti, neri e bianchi, e ha scritto più di cento libri con al centro la ricchezza e la complessità che la diversità etnica comporta.
Nella sua lunga carriera ha vinto premi prestigiosi e la Library of Congress l’ha nominato portavoce nazionale della letteratura per ragazzi.
Monster è uno dei suoi romanzi più famosi. Negli Stati Uniti ha venduto quasi due milioni di copie; Guy A. Sims ne ha tratto una graphic novel, e Anthony Mandler un film, distribuito da Netflix.
Steve Harmon è in prigione, accusato di aver fatto il palo durante una rapina finita nel sangue: rischia una condanna a vita. Steve è smarrito, pieno di paura per farsi coraggio ricorre alla sua grande passione, il cinema. Decide di raccontare il suo processo come se fosse un film. E noi veniamo catapultati lì, in prima fila: assistiamo a interrogatori e testimonianze, ricostruiamo da varie angolazioni la vita di Steve, che segue un corso di cinema, vive a Harlem, frequenta i bulli del suo quartiere. È colpevole o innocente? È davvero un mostro, come lo definisce la pubblica accusa? O è soltanto un ragazzo nero, e in quanto tale colpevole designato, sospetto per definizione? Fino all'ultimo non lo sapremo: faremo i conti, invece, con i nostri pregiudizi, le nostre ambivalenze, che oscillano di scena in scena. Come il suo avvocato difensore, come i suoi stessi genitori, non sappiamo se fidarci completamente di Steve.
Walter Dean Myers (1937–2014) è nato in West Virginia e poi cresciuto a Harlem in una famiglia adottiva.
Considerato un ragazzo difficile, era impacciato a scuola, formidabile sui campi da basket; leggeva moltissimo e si rendeva sempre più conto che la letteratura tagliava quasi completamente fuori storie come la sua, o di milioni di ragazzi come lui.
Sonny’s Blues di James Baldwin è stato il libro che gli ha cambiato la vita: da quel momento Myers si è dato l’obbiettivo di “rendere visibili gli invisibili”, a beneficio di tutti, neri e bianchi, e ha scritto più di cento libri con al centro la ricchezza e la complessità che la diversità etnica comporta.
Nella sua lunga carriera ha vinto premi prestigiosi e la Library of Congress l’ha nominato portavoce nazionale della letteratura per ragazzi.
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