Per gli appassionati di quel fantastico filone rock che semplicisticamente cataloghiamo come “grunge” il nome di Valeria Sgarella dovrebbe suonare familiare. Di più, è veramente una garanzia. Con questo libro ci immergiamo in una approfondita ma assai godibile storia di un gruppo fondamentale come i Soundgarden. Francesco Nicolli
I Soundgarden sono una band di Seattle, a partire dal nome. Nessun’altra città americana avrebbe potuto partorirli. Prendendo le mosse da questa inossidabile certezza, Niente specchi in camerino ne racconta la nascita, l’ascesa e la fine. Anzi, parliamone al plurale: le fini. Perché i Soundgarden sono finiti due volte: la prima, per volere del proprio leader Chris Cornell; la seconda, per mancanza di Chris Cornell.
Sin dalla loro prima incarnazione, nel 1984, i Soundgarden non hanno mai confuso il successo con l’abbandono dell’integrità artistica. Lo dimostra il loro percorso: nati discograficamente con la Sub Pop Records e maturati con la SST Records, non hanno ceduto alle lusinghe di una major finché non sono stati certi di avere l’ultima parola su ogni scelta artistica. Presi troppo sul serio dal pubblico e relegati a una sorta di sacralità, nell’arco dei primi tre album si sono presi gioco dei cliché del mondo metal, categoria in cui tutta la stampa, indistintamente, cercava di incasellarli. Invece questa è la band che ha acceso la miccia del grunge, lasciando poi agli altri tre big (Nirvana, Alice In Chains, Pearl Jam) l’onere e l’onore di farla esplodere. E gli album dei Soundgarden non sono solo feticci per amanti del manierismo; sono anche manifesti dell’America che li ha fatti nascere.
Chris Cornell, Kim Thayil, Ben Shepherd e Matt Cameron, ma anche Hiro Yamamoto, Jason Everman e Scott Sundquist, sono individui complessi, spesso caustici, con opinioni forti sui fenomeni del loro tempo. Mai restii a rilasciare interviste, pensavano che parlare fosse l’unico modo per non farsi travisare. Non da ultimo, i Soundgarden sono una band di maschi guidati da una donna, Susan Silver, manager e, per diversi anni, anche moglie di Cornell. Soprattutto, è stata più di ogni cosa la protettrice del gruppo. E in queste pagine le viene dato lo spazio che merita, accanto alla musica e alle visioni di una band entrata a pieno titolo nella leggenda.
Valeria Sgarella, milanese, è giornalista professionista dal 2000. Ha lavorato per oltre vent’anni in ambito radiofonico e per cinque anni a MTV Italia. Ha scritto diversi libri inerenti al movimento grunge e la città di Seattle: Andy Wood, L’inventore del Grunge (Area51/Ledizioni), pubblicato anche in lingua inglese; Oltre i Nirvana, che narra la storia della Sub Pop (Edizioni del Gattaccio), e Seattle. La città, la musica, le storie (Odoya). Inoltre, ha curato i testi per il libro Billie Eilish: la «bad guy» del pop (Centauria).
I Soundgarden sono una band di Seattle, a partire dal nome. Nessun’altra città americana avrebbe potuto partorirli. Prendendo le mosse da questa inossidabile certezza, Niente specchi in camerino ne racconta la nascita, l’ascesa e la fine. Anzi, parliamone al plurale: le fini. Perché i Soundgarden sono finiti due volte: la prima, per volere del proprio leader Chris Cornell; la seconda, per mancanza di Chris Cornell.
Sin dalla loro prima incarnazione, nel 1984, i Soundgarden non hanno mai confuso il successo con l’abbandono dell’integrità artistica. Lo dimostra il loro percorso: nati discograficamente con la Sub Pop Records e maturati con la SST Records, non hanno ceduto alle lusinghe di una major finché non sono stati certi di avere l’ultima parola su ogni scelta artistica. Presi troppo sul serio dal pubblico e relegati a una sorta di sacralità, nell’arco dei primi tre album si sono presi gioco dei cliché del mondo metal, categoria in cui tutta la stampa, indistintamente, cercava di incasellarli. Invece questa è la band che ha acceso la miccia del grunge, lasciando poi agli altri tre big (Nirvana, Alice In Chains, Pearl Jam) l’onere e l’onore di farla esplodere. E gli album dei Soundgarden non sono solo feticci per amanti del manierismo; sono anche manifesti dell’America che li ha fatti nascere.
Chris Cornell, Kim Thayil, Ben Shepherd e Matt Cameron, ma anche Hiro Yamamoto, Jason Everman e Scott Sundquist, sono individui complessi, spesso caustici, con opinioni forti sui fenomeni del loro tempo. Mai restii a rilasciare interviste, pensavano che parlare fosse l’unico modo per non farsi travisare. Non da ultimo, i Soundgarden sono una band di maschi guidati da una donna, Susan Silver, manager e, per diversi anni, anche moglie di Cornell. Soprattutto, è stata più di ogni cosa la protettrice del gruppo. E in queste pagine le viene dato lo spazio che merita, accanto alla musica e alle visioni di una band entrata a pieno titolo nella leggenda.
Valeria Sgarella, milanese, è giornalista professionista dal 2000. Ha lavorato per oltre vent’anni in ambito radiofonico e per cinque anni a MTV Italia. Ha scritto diversi libri inerenti al movimento grunge e la città di Seattle: Andy Wood, L’inventore del Grunge (Area51/Ledizioni), pubblicato anche in lingua inglese; Oltre i Nirvana, che narra la storia della Sub Pop (Edizioni del Gattaccio), e Seattle. La città, la musica, le storie (Odoya). Inoltre, ha curato i testi per il libro Billie Eilish: la «bad guy» del pop (Centauria).