Il secondo capitolo della trilogia che vede protagonista il commissario Yeruldelgger non tradisce le attese e Ian Manook si conferma per quello che è, un ottimo scrittore, capace di intrecciare, ingarbugliare e sciogliere le fila della storia, creando suspance e colpi di scena. Il tutto accompagnato da una descrizione affascinante dei paesaggi della Mongolia, sospesa fra tradizione e modernità, in un limbo pericoloso in cui possono trovare terreno fertile malavita, corruzione, criminalità organizzata e servizi deviati. Francesco Nicolli
È inverno inoltrato e la steppa è avvolta nella morsa dello dzüüd: le temperature si aggirano sui meno trenta, un vento gelido imperversa e il paesaggio è spazzato da tormente di neve. Sembra di respirare vetro. È la leggendaria sciagura bianca, che al suo passaggio lascia dietro di sé una scia di cadaveri. Milioni di vittime, uomini e animali. Da un cumulo di carcasse congelate, incastrata fra un cavallo e una femmina di yak, sbuca la gamba di un uomo. È solo il primo di una serie di strani ritrovamenti. Nel frattempo, in un albergo di Ulan Bator, viene assassinata la prostituta Colette, delitto del quale è accusato proprio il commissario Yeruldelgger. E poi c’è la scomparsa del figlio di Colette, le cui tracce porteranno il commissario fino in Francia, in una fitta trama di giochi di potere dei servizi segreti, loschi affari dei militari e corruttela della politica. Yeruldelgger non ha più niente da perdere ed è pronto a uccidere. Il fuoco va sconfitto col fuoco, proprio come si fa quando scoppiano gli incendi nella steppa: si creano muri incendiari. E intanto, la neve continua a ricoprire la Mongolia…
Secondo capitolo della trilogia di Yeruldelgger, Tempi selvaggi non deluderà le aspettative. Il commissario più amato del momento è tornato.
Ian Manook, giornalista, editore e romanziere, vive a Parigi. Ha esordito con Yeruldelgger, Morte nella steppa, pubblicato nel 2016 da Fazi Editore e primo di una trilogia con lo stesso protagonista. Pluripremiato e adorato dai lettori e dalla critica, Yeruldelgger è un vero e proprio fenomeno.
È inverno inoltrato e la steppa è avvolta nella morsa dello dzüüd: le temperature si aggirano sui meno trenta, un vento gelido imperversa e il paesaggio è spazzato da tormente di neve. Sembra di respirare vetro. È la leggendaria sciagura bianca, che al suo passaggio lascia dietro di sé una scia di cadaveri. Milioni di vittime, uomini e animali. Da un cumulo di carcasse congelate, incastrata fra un cavallo e una femmina di yak, sbuca la gamba di un uomo. È solo il primo di una serie di strani ritrovamenti. Nel frattempo, in un albergo di Ulan Bator, viene assassinata la prostituta Colette, delitto del quale è accusato proprio il commissario Yeruldelgger. E poi c’è la scomparsa del figlio di Colette, le cui tracce porteranno il commissario fino in Francia, in una fitta trama di giochi di potere dei servizi segreti, loschi affari dei militari e corruttela della politica. Yeruldelgger non ha più niente da perdere ed è pronto a uccidere. Il fuoco va sconfitto col fuoco, proprio come si fa quando scoppiano gli incendi nella steppa: si creano muri incendiari. E intanto, la neve continua a ricoprire la Mongolia…
Secondo capitolo della trilogia di Yeruldelgger, Tempi selvaggi non deluderà le aspettative. Il commissario più amato del momento è tornato.
Ian Manook, giornalista, editore e romanziere, vive a Parigi. Ha esordito con Yeruldelgger, Morte nella steppa, pubblicato nel 2016 da Fazi Editore e primo di una trilogia con lo stesso protagonista. Pluripremiato e adorato dai lettori e dalla critica, Yeruldelgger è un vero e proprio fenomeno.